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Crack Lehman: indennizzi, l'ipotesi dei Cds

di Morya Longo

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24 Ottobre 2008

Hanno partecipato fondi internazionali. Hanno aderito assicurazioni. Sono intervenute tante banche, anche italiane: Intesa Sanpaolo, il Montepaschi, Banca Intermobiliare e UniCredit Bank Austria. Al "maxi-regolamento dei conti" avvenuto martedì scorso sui credit default swap di Lehman Brothers (una montagna da 400 miliardi di dollari a livello mondiale) hanno preso parte ben 358 istituzioni finanziarie di tutto il mondo, tra chi doveva pagare e chi doveva incassare. Non c'era però alcun risparmiatore, per il semplice motivo che i piccoli investitori non hanno accesso a quelle polizze assicurative anti-insolvenza chiamate credit default swap. Ecco dunque una proposta provocatoria: le banche che hanno incassato un risarcimento in quel maxi-regolamento dei conti potrebbero condividerlo con i loro clienti? Sarebbe possibile un gesto di "clemenza" nei confronti di chi ha acquistato allo sportello obbligazioni emesse da Lehman Brothers ma non ha avuto alcuna possibilità di assicurarsi contro il loro default? Si tratta di una provocazione, ma senza dubbio permetterebbe di sanare un'asimmetria tra investitori istituzionali e piccoli risparmiatori.
La provocazione, suggestiva secondo alcuni addetti ai lavori, necessita di una premessa. I credit default swap sono particolari contratti derivati accessibili solo ai grandi operatori finanziari. Funzionano più o meno come le polizze assicurative: pagando un "premio" a una controparte, un investitore può assicurarsi contro il default di qualunque emittente. Tanti l'avevano fatto su Lehman Brothers: si erano assicurati contro il suo fallimento. Morale: martedì scorso, un mese dopo che il crack si è verificato, tutti i 358 soggetti che avevano acquistato o venduto una "polizza" sul fallimento della banca americana si sono seduti a un tavolo. E hanno regolato le loro posizioni: chi doveva incassare ha incassato, chi doveva pagare ha pagato. Partita chiusa.
Il regolamento, in realtà, non è stato semplice. I credit default swap sono infatti usati dagli investitori anche per "speculare". Tanti fondi o banche, quindi, contemporaneamente li vendono e li comprano. Facciamo un esempio. Supponiamo che un fondo A abbia comprato da una o più controparti protezione contro il fallimento di Lehman Brothers per 5 miliardi di dollari, e contemporaneamente abbia venduto protezione ad altre controparti sempre sulla banca americana per 5,5 miliardi. Questo fondo, nel grande "giorno del giudizio", avrebbe dovuto pagare solo la differenza: 500 milioni. A chi? Alle controparti che avevano fatto il contrario. Insomma: lunedì scorso è stato calcolato il "saldo" tra tutti coloro che avevano venduto e comprato credit default swap su Lehman e alla fine c'è stato un pagamento netto di circa 6-8 miliardi di dollari. Tutti gli altri credit default swap su Lehman (ammontavano a 400 miliardi in totale) si sono annullati l'uno con l'altro.
Qui veniamo al punto: qualcuno, tra quei 358 soggetti che hanno partecipato al maxi-regolamento di lunedì scorso, ha incassato circa 6-8 miliardi di dollari. Qualcun altro, invece, li ha pagati. Chi sia tra i fortunati, però, non è possibile saperlo. Nella lunga lista dei partecipanti alla "resa dei conti" (assicurazioni come Aig, fondi come Artadis Barracuda, banche come Abn Amro o fondi pensione come quello di General Electric), ci sono anche alcune banche italiane. Contattandole, però, non è stato possibile sapere se quel giorno hanno incassato o perso. Intesa Sanpaolo, per esempio, il 16 settembre ha comunicato di avere avuto un valore positivo di 40 milioni sui cosiddetti «rischi di sostituzione» in relazione al fallimento di Lehman Brothers: in quei 40 milioni, però, ci sono un po' tutti i derivati e non solo i credit default swap. Dunque non si sa se martedì scorso abbia vinto o perso. Pur con questa mancanza, nasce la provocazione: le banche che hanno incassato (ammesso che ce ne siano) potrebbero condividere il risarcimento con i risparmiatori che hanno comprato obbligazioni di Lehman Brothers ma non hanno potuto acquistare anche i credit default swap?

m.longo@ilsole24ore.com

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